di Margherita Guerra
Difficile scegliere cosa domandare a Giovanna Bertelli: se la conoscete sapete benissimo che è un vero pozzo di conoscenza fotografica, e non solo. Non c’è collezione, fotografo, mostra o domanda per cui lei non abbia informazioni, suggerimenti o dritte. Una colonna per Yourpictureditor. Forse perché sin da bambina, come ci racconta poi, è in ricerca costante con lo sguardo, attraverso la fotografia e l’arte, per comprendere questo mondo e quello che ci sta alle spalle. Una splendida immagine per spiegare cosa muove un photo editor ed esperto di fotografia come lei nel suo lavoro. Per il nostro secondo WAS!? storie di photo editor – la nostra nuova serie di post per raccontarvi chi siamo e spiegare il variegato mestiere del photo editor – le abbiamo chiesto cosa vuol dire scoprire un archivio e renderlo accessibile. Lunedí 19 Dicembre alla sede dell’Associazione Italia Russia, a Milano, ci sarà infatti la presentazione al pubblico di Un paese allo Specchio, URSS 1950-1990, la messa online dell’Archivio dell’associazione: preziosa opera di valorizzazione voluta e curata da Giovanna.
La messa online dell’Archivio Italia – Russia, con le sue 5.000 immagini, ha come obiettivo conservare, valorizzare e divulgare. Qual è stato il tuo compito in una impresa così complessa?
Il mio primo compito è stato ideare il progetto. Quando all’Associazione Italia Russia mi è stato mostrato il fondo fotografico storico che conservava ne sono rimasta affascinata e ho pensato che qualcosa si poteva fare per farlo conoscere. Ho proposto ad Annalisa Seoni, responsabile dell’Associazione Italia-Russia, la mia idea di conservazione, catalogazione, studio e valorizzazione che è stata accolta e fatta propria dall’Associazione. Il progetto Un Paese allo specchio è stato inserito tra le attività dedicate al 70° anniversario dell’Associazione.
Poi materialmente ho fatto il resto: catalogazione, inventariazione, relazione finale. Abbiamo digitalizzato ogni fotografia e ogni singola mostra, le fotografie sono suddivise in mostre tematiche, riposta in buste e scatole conservative per materiale fotografico. Ora le stampe fotografiche sono ordinate in modo idoneo alla conservazione e allo stesso tempo disponibili on-line per la consultazione. Per me è una grande soddisfazione.
Qual è stato l’aspetto più divertente e quello più difficile di questo lavoro?
Quando si mettono gli occhi su oltre 5000 fotografie sulla Società Sovietica è come aprire un vecchio baule ed entrare in un’altra realtà, alla scoperta di un mondo diverso e parallelo. Questo è sicuramente l’aspetto più divertente. Molte di queste fotografie rubano un sorriso, stupiscono e incuriosiscono. Le fotografie sono arrivate in Italia come mostre itineranti prodotte in URSS dagli uffici per le relazioni con l’estero il cui scopo era far conoscere il benessere sovietico e il progresso portato dal socialismo in tutte le repubbliche dell’ Unione. Da qui il titolo che è stato scelto per il progetto: Un Paese allo specchio. Sicuramente la parte più divertente di tutto il lavoro è stato vedere attraverso questo specchio una società ormai scomparsa. La parte più difficile direi che viene adesso: divulgare e far conoscere questo patrimonio.
Le immagini significative saranno sicuramente molte. C’è una fotografia che ti ha colpito particolarmente e perché?
Come dici sono davvero tante! Sono fotografie realizzate da molti fotografi diversi, sui temi più vari, dalla conquista dello spazio alla vita degli anziani, è quindi difficile indicarne una. Tra tutte la più inaspettata è stata quella di madre Teresa che saluta un bambino in triciclo. Più che una singola fotografia penso alle mostre, come quelle sui popoli del nord, o alla vita degli anziani, degli studenti, delle repubbliche asiatiche. Tra le fotografie proposte nella galleria per Yourpictureditor troverete una piccolissima selezione che comprende in pochi scatti la società sovietica: cultura, lavoro, istruzione, tempo libero. Da qui il nome che abbiamo scelto per il progetto: Un Paese allo specchio indica come l’URSS voleva presentarsi al resto del mondo.
Che percorso ti ha portato a essere photo editor e storica della fotografia? C’è stata un’immagine rivelatrice o è partito tutto da altro?
Può sembrare esagerato, ma veramente sin da bambina ho avuto un forte interesse per la fotografia, nel farla, ma soprattutto nel guardarla e saperne la storia. Ritengo che la fotografia sia sempre un documento storico da inserire nel contesto del suo tempo, che ci aiuta con lo sguardo a comprendere gli ultimi 170 anni della nostra storia e intanto ci fa scoprire le potenzialità e l’evoluzione di questo bellissimo mezzo di comunicazione.
Non è solo memoria, ma interpretazione visiva, che si tratti di un reportage o di ricerca artistica.
Ho sempre voluto approfondire cosa ci fosse dietro a una fotografia, chi l’avesse scattata. Ricordo pomeriggi a sfogliare libri, visitare mostre e infine la scelta universitaria mi ha permesso di unire storia e fotografia, anche se allora non esistevano corsi specifici. La prima ricerca iconografica risale proprio ai tempi universitari; si trattava di un libro sulle fibre artificiali; poi mi sono laureata in storia americana con una tesi su Life e la fotografia dal fronte durante la seconda guerra mondiale. Da allora il mio percorso ha proseguito sulla stessa linea, alternando lavoro in archivi, in agenzie, collaborazioni con case editrici, redazioni, insegnamento, ideazione e realizzazione di progetti editoriali ed espositivi legati alla fotografia preferibilmente, ma non solamente, storica.
Tra i tanti progetti che hai seguito, quale definiresti il più interessante (a parte ovviamente questo che ci hai raccontato) al quale hai preso parte nella tua carriera?
Due sono i progetti che mi hanno dato più soddisfazione e il primo è stato la tesi di laurea; un anno di ricerche, tra archivi e biblioteche, sfogliando intere annate di Life, ed un altro di stesura del testo. Era la gioia di mostrare uno studio ideato e realizzato da me. Una ricerca simile la pubblicai anche qualche anno fa con il volume Divi e Paparazzi, editrice Le Mani, dove ho ripercorso la genesi del film La dolce vita attraverso i rotocalchi del periodo in cui il film si stava realizzando. Ugualmente trovo molta soddisfazione nelle ricerche iconografiche per progetti editoriali: spesso capita di affrontare soggetti a cui mai avrei pensato, come fu qualche anno fa per la storia della bicicletta Bianchi e del cambio Campagnolo.
Perché hai detto sí al progetto Yourpictureditor?
YP è a mio parere un’ ottima idea che permette, grazie al team altamente competente che lo compone, di scambiare opinioni, conoscenza e di suddividere il lavoro. YP è un gruppo, ma allo stesso tempo un network internazionale, basato sulle relazioni di ognuno. È un modo nuovo di intendere la ricerca iconografica. Il suo punto di forza per me è che mi permette di poter conciliare la collaborazione a YP con i miei altri impegni professionali.
Grazie Giovanna, contenta di condividere con te questo bellissimo campo di esplorazione.
Margherita, Fondatrice di Yourpictureditor
Foto in apertura: Mosca, 1980. Una scolara. Dalla mostra “Mosca e i moscoviti”
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